Lo stabilimento Opel di Rüsselsheim è ancora oggi uno dei principali centri mondiali di produzione automobilistica ed è tradizionalmente all’avanguardia nell’industria del settore. La continua serie di migliorie ed il costante rinnovamento, di cui sono stati sempre oggetto nell’arco di oltre un secolo di attività, hanno permesso agli impianti produttivi Opel di mantenersi tecnologicamente al passo coni tempi.
Quando però, alla fine della Seconda Guerra Mondiale, gli Alleati arrivarono a Rüsselsheim trovarono solo un cumulo di macerie. Circa il 50% degli edifici che costituivano l’originale fabbrica Opel, era in parte o totalmente distrutto, il parco-macchinari era per la maggior parte inutilizzabile. Partì così un lungo lavoro per rilanciare l’impianto che dal 1899 era stata al centro dell’attività produttiva di Opel.
Con l’abilità e la capacità d’improvvisazione dei vecchi maestri artigiani nei mesi seguenti si riuscì non solo ad estrarre dalle macerie ed a riparare i macchinari, ma anche a ricostruire in parte le attrezzature mancanti. Quando il 15 Luglio 1946 il primo autocarro Opel Blitz da una tonnellata lasciò le officine, a Rüsselsheim cominciò a regnare un nuovo ottimismo. Il primo cliente c’era già, un imprenditore di Wiesbaden, che aveva pagato 6.600 Marchi un Opel Blitz dotato di un 6 cilindri in linea di 2,5 litri. Un motore che era una vecchia conoscenza. Si trattava infatti dello stesso propulsore usato nel 1938 per la prima Opel Kapitän.
Alla fine di quell’anno furono prodotti 839 autocarri Opel Blitz ed a Rüsselsheim si guardava al futuro con meno incertezza. Concessionari e clienti chiedevano sempre più spesso quando si sarebbe rivista un’automobile con il marchio Opel. Le norme imposte dalle Potenze alleate però proibivano ancora la costruzione di automobili di cilindrata superiore a 1.500 cc.
Opel Olympia, la berlina che segnò la ripartenza
Alla direzione della Opel non restò altra scelta che riproporre la berlina Opel Olympia, un modello di fascia media, il cui 4 cilindri di 1,5 litri non contravveniva alle norme di occupazione. Nella Primavera del 1947, mentre da una parte gli ingegneri sviluppavano tecnicamente la Opel Olympia, dall’altra gli operai si preoccupavano di riparare le catene di montaggio, gli attrezzi e le presse necessarie ad una produzione in serie sia pure di piccole dimensioni.
Quando, settanta anni fa, nel 1950, fu ultimata la ricostruzione post-bellica dello stabilimento di Rüsselsheim, la Opel presentò la nuova Olympia, dimostrando di avere concluso la prima fase della sua ricostruzione. A 6.875 Marchi veniva offerta una vettura equipaggiata con un motore da 37 CV (portato l’anno dopo a 39 CV) con cambio al volante a 3 marce e trazione posteriore. Per coloro che vedevano nella loro Opel Olympia qualcosa di più di un semplice mezzo di locomozione, c’era poi una versione cabriolet, sia pure prodotta in pochi esemplari. Molti carrozzieri proponevano infine versioni station wagon, particolarmente apprezzate da quanti utilizzavano la Opel Olympia anche per lavoro.
Sebbene ci fossero ancora milioni di disoccupati ed una gran parte della popolazione vivesse in case riparate in modo approssimativo, si vedevano già le prime avvisaglie del “miracolo economico” e chi aveva soldi voleva anche che si notasse. E’ quindi comprensibile che sulla Opel Olympia si sprecassero le cromature sul radiatore e sulle ruote.
Da allora la crescita della Opel sui mercati europei procedette in gran parte con lo sviluppo dello stabilimento di Rüsselsheim. Lo stesso dove, nel 1924, Opel aveva installato la prima catena di montaggio dell’industria automobilistica tedesca, dove due anni dopo tutti i settori produttivi erano stati collegati alla catena dal montaggio, dove, nel 1935, si iniziò a costruire in serie la prima automobile a scocca portante.
Maggiore leggerezza, prestazioni più brillanti a parità di motore, consumi più contenuti e maggiore sicurezza erano i vantaggi derivanti da questa soluzione. Dal punto di vista produttivo c’era un’altra importantissima novità, destinata a trovare grande diffusione nell’industria automobilistica. Il cosiddetto “matrimonio” della carrozzeria e del motore. Assali preassemblati e motori non venivano più appoggiati sul telaio nudo, bensì sollevati dal basso all’interno della scocca. La Opel costruì elevatori appositamente per quest’uso.
Innovazione, automazione e razionalizzazione
L’evoluzione dell’impianto proseguì ovviamente anche nel Secondo Dopoguerra. Già nella prima metà degli Anni Cinquanta, l’azienda investì complessivamente 300 milioni di Marchi, una somma immensa per quell’epoca. Innovative apparecchiature elettroniche, pneumatiche e di precisione, nonché una serie di strumenti di prova, permisero a Opel di ottenere tolleranze costruttive che allora erano considerate molto strette. L’installazione di un nuovo trasportatore interno fece aumentare ulteriormente la capacità produttiva che, con oltre 167.000 unità nel dicembre 1954, registrò un incremento di circa il 60% da un anno all’altro.
Con la posa della prima pietra dell’edificio K40, nel maggio 1954 Opel avviò quello che allora era considerato il più grande progetto di nuova costruzione industriale della Repubblica Federale Tedesca. I nuovi edifici ospitavano non solo il reparto presse, ma anche quello dell’assemblaggio finale. Le linee di produzione, lunghe complessivamente 28 chilometri, furono avviate il 13 agosto 1956 ed occupavano una superficie di 286.000 metri quadri. La produzione raggiunse i mille veicoli al giorno.
Un ulteriore salto innovativo si ebbe nel 1981, con l’apertura del nuovo reparto verniciatura. Misurava 400 metri in lunghezza, 80 in larghezza e 32 in altezza e dava una nuova impronta allo stabilimento. Le vere novità erano però al suo interno.
Opel era il primo costruttore di automobili del mondo che utilizzava vernici ecocompatibili a base di acqua nella sua produzione in serie, dapprima per la mano di fondo e quindi anche per quelle successive. Sistemi elettronici furono utilizzati per gestire l’intero processo e tenere sotto controllo la qualità. Robot presero il posto degli uomini ovunque non si potessero escludere danni per la salute.
Oltre all’impiego dei robot su larga scala, alla fine degli Anni Ottanta lo stabilimento Opel di Rüsselsheim vide concretizzarsi un’altra nuova tendenza: con la produzione modulare Opel introdusse infatti le prime parvenze del lavoro di gruppo. Nelle cosiddette “isole di montaggio”, lontano dalla catena vera e propria, il personale metteva insieme sottogruppi come le porte.
Il lavoro divenne di gran lunga più interessante che lungo la catena di montaggio poiché le operazioni manuali, prima svolte singolarmente, erano ora effettuate all’interno di gruppi di lavoro. Lo stabilimento di Rüsselsheim anticipò pertanto un nuovo metodo di lavoro che nel giro di pochissimi anni fu largamente adottato dalle Case automobilistiche.
Lo stabilimento Opel di Rüsselsheim nel XXI secolo
In questo senso si colloca anche il grande rinnovamento dell’impianto pienamente operativo dal 2002 quando l’infrastruttura fu migliorata con la costruzione di una nuova centrale elettrica e con un reparto presse che rappresenta lo stato dell’arte nel suo genere ed è uno dei più efficienti al mondo.
La particolare forma a stella dell’area su cui sorge il reparto assemblaggio (48.000 metri quadri di superficie) presenta particolari vantaggi rispetto alle disposizioni tradizionali: consente una buona visione complessiva dell’intera area di produzione, riduce le distanze, migliora le comunicazioni interne. Ha inoltre permesso di realizzare 70 aree di sosta per autocarri in modo che le merci possano essere consegnate direttamente sul luogo dove vanno montate.
La linea di produzione si sviluppa lungo quattro punte della stella, mentre sulla quinta si preparano le porte ed i moduli dei cruscotti prima di inserirli nel flusso della produzione. Ciascuna punta forma un elemento separato con una propria zona cuscinetto. Grazie a questa disposizione decentrata, una qualsiasi interruzione presso una delle 175 stazioni di lavoro (oltre ai punti di controllo e di collaudo) non influisce immediatamente sull’intero processo produttivo. Un altro vantaggio è che si possono montare modelli differenti sulla stessa linea.
Materiali e componenti sono preparati secondo una sequenza di produzione attentamente programmata nel cosiddetto Business Mall che provvede anche alle consegne. Ciò rende quasi superfluo l’immagazzinaggio ed il complicato processo di preassemblaggio. Al centro della stella c’è il cosiddetto centro nervoso con i suoi quadri informativi e sale riunioni. Le vicine aree ricreative del personale e gli uffici sono posti sul lato esterno dell’edificio in un’ala a tre piani che ha una superficie complessiva di 3.000 metri quadri.