Se dovessimo riassumere in una sola parola lo spirito della Maserati, non avremmo esitazioni: passione. La sola presenza di questi bolidi prodotti prima a Bologna e poi a Modena è sufficiente ad impreziosire le strade di tutto il mondo, senza dimenticare gli innumerevoli allori nelle competizioni più importanti; ciò accade da oltre un secolo, 105 anni per la precisione. Puro orgoglio italiano. Riepilogare anche in breve la storia di questa casa è sì doveroso ma è soprattutto un piacere.
Storia della Maserati: da Milano a Bologna
Milano c’entra con la casa del Tridente indirettamente: fu infatti nel capoluogo lombardo che i maggiori dei fratelli Maserati, famiglia di Voghera (figli di Rodolfo, un macchinista nelle Ferrovie dello Stato, e di Carolina Losi) cominciarono a lavorare nella meccanica, entrando in contatto col mondo dei motori e appassionandosene. Il primogenito Carlo diede l’ispirazione iniziale. Ingegnere in una fabbrica del quartiere Affori, all’epoca comune autonomo, progettò un motore monocilindrico da applicare alle biciclette; tali particolari veicoli a fine XIX secolo venivano chiamati “bicicletti” (con la “i” finale) a motore. Carlo Maserati fu anche pilota dei propri mezzi, sui quali vinse alcune gare a cavallo del secolo. Successivamente andò alla Fiat come collaudatore, per poi approdare nel 1903 alla Isotta Fraschini. Qui trovò il fratello Alfieri. Carlo nel 1908 passò ad una casa automobilistica minore, lavorando insieme ad un altro dei fratelli, Ettore, mentre continuava a gareggiare in auto. Ma la tubercolosi pose fine ai suoi sogni, perché lo uccise nel 1910.
Gli altri fratelli tuttavia non vollero disperdere il bagaglio di passione trasmessa dal maggiore. Il suo testimone fu raccolto da Alfieri: diventato un importante tecnico dell’Isotta Fraschini, venne trasferito nel 1912 a Bologna. Qui il 1° dicembre 1914 fondò insieme ad Ettore e agli altri fratelli Bindo ed Ernesto la Società anonima officine Alfieri Maserati. L’officina aveva sede in via de’ Pepoli (nel 1919 si trasferì nel rione Pontevecchio, oggi quartiere Savena). L’attività principale dell’azienda era la produzione di candele per motori a scoppio e batterie. Questo era il business che sosteneva finanziariamente la vera passione: preparare e pilotare le vetture da corsa prodotte dalla Isotta Fraschini.
Il Tridente Maserati. Le corse
Nel periodo bellico e negli anni immediatamente successivi l’azienda fu completamente assorbita dalla produzione di candele. Solo col lento ritorno delle corse l’attenzione poté di nuovo spostarsi in quella direzione così desiderata. Cioè la costruzione diretta di automobili Maserati. La prima uscì nel 1926, si chiamava Tipo 26. Era un’auto da corsa, ovviamente. Altro antefatto: Alfieri Maserati nei primi anni Venti fu pilota ufficiale della Diatto. Questa casa nel 1926 si ritirò dalle corse e Alfieri ricevette alcuni telai, parti meccaniche e cambi della Diatto 30 Sport. Egli la convertì in una nuova vettura, equipaggiandola con un motore ad otto cilindri 1.5 da quasi 130 cavalli. Appunto la Maserati Tipo 26. Alfieri la portò in gara per la prima volta alla Targa Florio di quell’anno, ottenendo la vittoria di classe e classificandosi nono assoluto.
La Tipo 26 portava un curioso stemma: un tridente, sotto al quale campeggiava la scritta Maserati. L’idea e la conseguente realizzazione vennero da Mario, il quinto dei sette fratelli (dopo Carlo e Bindo ci fu un Alfieri che morì ad un anno; l’Alfieri fondatore dell’azienda nacque un anno dopo come Alfieri II; quindi Mario, Ettore ed Ernesto). Mario non s’interessava di motori, infatti non entrò nell’azienda di famiglia; era invece un pittore diplomatosi all’Accademia di Brera. Perché quel simbolo? Mario trasse l’ispirazione dalla statua di Nettuno che adorna la fontana in piazza Maggiore a Bologna. Si racconta che l’idea gli venne suggerita dall’amico di famiglia Diego de Sterlich, marchese finanziatore dell’azienda ed ex collega pilota di Alfieri alla Diatto.
La cessione ad Adolfo Orsi
Nel 1927 Alfieri ebbe un incidente molto grave in corsa, proprio sulla Tipo 26, che gli provocò la perdita di un rene. Nonostante un recupero inaspettato quanto veloce le conseguenze di quell’incidente furono la causa della morte di Alfieri, avvenuta nel 1932. Ma il periodo a cavallo di quei due decenni vide l’affermarsi del nome Maserati come marca sportiva. Nel 1929 debuttò al Gran Premio di Monza la seconda auto della casa, la Maserati V4. Era un fulmine, grazie ad un motore V16 4.0 da 300 cavalli per meno di mille chili. Sul circuito stradale di Cremona, il pilota Baconin Borzacchini stabilì il record del mondo di velocità per quella classe, tenendo per 10 Km una velocità media di 246 Km/h. Le vetture Maserati vinsero parecchie corse, soprattutto grazie alle doti di Tazio Nuvolari che nel 1933 e 1934 allungò parecchio l’albo d’oro di entrambi prima di dedicarsi esclusivamente all’Alfa Romeo.
Venuto meno Alfieri, i fratelli Ettore, Ernesto e Bindo proseguirono nell’attività con alterne fortune. Tuttavia il peso finanziario diventò insostenibile per una piccola azienda come la loro. Così nel 1937 cedettero entrambe le attività all’imprenditore modenese Adolfo Orsi. Il quale era interessato soprattutto al ramo produzione candele, tuttavia comprendeva il valore pubblicitario delle corse e ne mantenne l’attività. Nel 1939 Orsi trasferì la Maserati a Modena in via Ciro Menotti, tutt’ora sede aziendale. Nel 1939 e 1940 una Maserati 8C TF vinse la 500 miglia di Indianapolis, affidata alla scuderia locale Boyle Racing e pilotata dall’americano Wilbur Shaw. Rimarrà l’unica auto completa italiana nella storia a vincere questa prestigiosa corsa. Non si contano invece ovviamente le innumerevoli vittorie nel catino di Indy ottenute da monoposto costruite su telaio Dallara.
La produzione stradale Maserati
Dopo la seconda guerra mondiale, nel 1946 la fabbrica modenese avviò la produzione di automobili stradali pronte per le corse dei clienti privati. Nel 1947 uscì quindi la Maserati A6 (la lettera iniziale era un omaggio ad Alfieri), la prima di una lunga e splendida serie di gran turismo. Disegnata da Pininfarina, coupé e successivamente anche cabriolet, motore a 6 cilindri in linea 1.5 da 65 cavalli in configurazione stradale. Una storia curiosa accompagnò questo modello.
Uno dei primi prototipi fu acquistato di seconda mano da Evita Peron, così la vettura diventò popolarmente soprannominata “Maserita”, cioè la Maserati di Evita. Le versioni da corsa ottennero diverse vittorie che lanciarono anche il successo commerciale della A6. Il primo successo, proprio sul circuito di Modena, fu ottenuto da un giovane figlio d’arte che si stava facendo largo nell’ambiente: un certo Alberto Ascari.
I favolosi ’50 e la fine delle corse
Il 1947 segnò anche la definitiva uscita di scena dei fratelli Maserati. Il contratto di cessione ad Orsi prevedeva che loro restassero per dieci anni come consulenti tecnici per l’attività sportiva. Quindi quell’anno se ne andarono. Avrebbero fondato un’altra casa automobilistica, la Osca. Anche questa marca visse esclusivamente per le competizioni. Partecipò sporadicamente anche alla Formula 1. Ottenne diverse vittorie di classe nelle gare sport. Nel 1964 i fratelli Maserati si ritirarono, cedendo la Osca alla MV Agusta che nel 1967 la liquidò.
La Maserati invece attraversò il suo periodo più intenso, in cui i successi nelle corse accompagnavano l’uscita di gran turismo stradali una più bella dell’altra. In gara fu particolarmente accesa la sfida con la Ferrari. L’uomo chiave dal punto di vista tecnico in questo periodo fu Giulio Alfieri. Ingegnere parmense, entrò in Maserati nel 1953, raggiungendo Gioacchino Colombo, proveniente dalla Ferrari. Alfieri diventò presto il direttore tecnico dell’azienda.
Il suo contributo fu determinante nello sviluppo dei motori a sei ed otto cilindri che avrebbero equipaggiato le vetture del Tridente in gara e su strada. Sempre nel 1953 il pilota di punta nella scuderia di Formula 1 fu Juan Manuel Fangio, però quell’anno la Ferrari ed Ascari erano imbattibili. Quindi il pilota argentino se ne andò l’anno successivo alla Mercedes. Ma si trasferì a stagione avviata, quindi il titolo mondiale che poi vinse nel 1954 va condiviso con la casa italiana.
L’apice dell’epopea Maserati nelle corse fu raggiunta nel 1957. Fangiò tornò alla casa modenese dopo aver vinto il proprio quarto titolo mondiale con la Ferrari in un tribolatissimo anno. Per quella stagione Giulio Alfieri migliorò e rese più competitiva la monoposto Maserati 250 F che correva in Formula 1 dal 1954. Fangio ne approfittò per conquistare il suo quinto titolo mondiale, guidando da par suo in particolare nell’epico Gran Premio di Germania vinto al Nürburgring in cui recuperò uno svantaggio di 48 secondi in 22 giri, battendo per 10 volte il record della pista e superando Mike Hawthorn all’ultimo giro.
La 250 F fu definita da Stirling Moss la miglior D1 a motore anteriore da lui guidata. Moss va ritenuto uno dei migliori piloti della storia fra coloro che non hanno mai vinto un titolo mondiale. Il suo parere quindi conta parecchio. Ma il 1957 segnò anche la fine dell’avventura nelle corse per la Maserati come squadra ufficiale. La 250 F venne ancora utilizzata fino al 1960 da piloti privati, tuttavia era ormai superata. Problemi finanziari crescenti indussero Omar Orsi (nuovo titolare dell’azienda dopo il ritiro di suo padre Adolfo) a decidere di abbandonare l’attività sportiva.
Maserati 3500 GT, “la” gran turismo
Dal punto di vista stradale il modello che meglio simboleggia la casa modenese in quella indimenticabile decade è la Maserati 3500 GT, il capolavoro di Giulio Alfieri. Uscì proprio nel 1957 e fu la prima auto col Tridente ad essere prodotta su larga scala, in senso relativo. La Touring realizzò il telaio tubolare col rinomato brevetto Superleggera. Tuttavia la carrozzeria in acciaio con porte e cofani in alluminio comportava un peso massiccio, 1.420 Kg. Ma Giulio Alfieri sviluppò il motore a 6 cilindri in linea 3.5 da 230 cavalli partendo dall’auto da corsa 350 S, quindi la potenza non mancava di certo.
Una chicca: la 3500 S fu la prima auto italiana ad offrire come optional alzacristalli elettrici e aria condizionata. La Maserati 3500 GT venne prodotta fino al 1964 in circa 2.250 esemplari. Il suo fascino era tale che ne acquistò una anche lo scià di Persia.
Maserati e Citroën
I problemi finanziari della Maserati, nonostante i successi nelle corse e l’apprezzamento del mercato nella produzione in serie, derivavano principalmente da un forte rovescio di natura industriale e politica. Nel 1954 Orsi stipulò col governo argentino di Juan Peron un contratto d’ingente valore per la fornitura di utensili meccanici. Ma la giunta militare che depose Peron dopo il colpo di Stato del 1955 si rifiutò di pagare le forniture. Ciò espose Orsi in modo irrimediabile con le banche. In particolare il Credito Italiano, uno dei maggiori creditori, entrò progressivamente nel capitale e nella gestione della Maserati.
Negli anni successivi la situazione finanziaria non migliorò in modo significativo, il fallimento era vicino. Allora intervenne la Citroën che nel 1968 acquisì la maggioranza delle azioni, rilevando le quote della famiglia Orsi, la quale uscì quindi di scena. Di quel decennio va ricordata sicuramente la prima generazione della Quattroporte che, nel 1964, fece entrare la Maserati nel mercato delle berline di lusso.
La casa francese stava elaborando il progetto di un modello ad alte prestazioni basato sulla DS. Poiché Citroën non produceva motori di grossa cilindrata mentre per la Maserati si trattava di pane quotidiano, le condizioni per una sinergia erano interessanti. I vertici parigini dunque commissionarono ai tecnici modenesi un motore da almeno 150 cavalli. Alfieri sfornò in un paio di mesi (ne aveva a disposizione sei) un propulsore V6 2.7 che di cavalli ne erogava 170. Il cuore della famosa coupé Citroën SM. Cioè Sport Maserati. Un altro modello da ricordare in questo periodo è la Maserati Bora, uscita nel 1971, la prima auto della casa modenese con un motore centrale. Che era un possente V8 4.7 da 310 cavalli, capace di spingere questa coupé a ben 270 Km/h. Il design era opera di Giorgetto Giugiaro con la sua Italdesign.
De Tomaso. La Maserati Biturbo
Purtroppo nel 1973 l’Opec scatenò la prima grande crisi petrolifera mondiale e ciò colpì in modo particolare le auto di grande potenza e altrettanto elevata sete di benzina. Ma travolse l’economia occidentale in generale e sopravvisse solo chi aveva spalle forti. La Citroën queste spalle forti non le aveva, quindi la Michelin la cedette alla Peugeot. La quale non ritenne di tenere la Maserati, troppo esposta ai problemi energetici e ancora molto debole finanziariamente.
Inizialmente la casa italiana venne posta in liquidazione ma poi fu acquisita nel 1975 dalla società italiana GEPI, cioè le Partecipazioni statali. L’imprenditore argentino Alejandro De Tomaso acquistò una quota minoritaria e ne divenne il presidente. Come prima cosa diede il benservito a Giulio Alfieri, il quale nel 1968 si era opposto al suo primo tentativo di acquisizione della Maserati.
L’era De Tomaso proseguì per diversi anni tra molte difficoltà ma anche qualche soddisfazione. Va senz’altro ricordata la Maserati Biturbo. Esordì nel 1982 e modificò radicalmente l’offerta della casa. Si trattava di un modello “economico” mirato ad allargare la base dei clienti. Per la prima volta un’auto di serie montava un motore sovralimentato con due turbocompressori. Era un V6 2.5 (2.0 in Italia per ragioni fiscali) derivato dalla famiglia progettata da Alfieri.
La potenza era rispettivamente di 192 e 180 cavalli. La Biturbo segnò anche l’abbandono della soluzione a motore centrale. Dati gli alti volumi programmati (35 unità al giorno). motore e sospensioni venivano costruiti a Modena, mentre il resto del’’assemblaggio avveniva nello stabilimento della Innocenti (altra marca di De Tomaso) di Milano Lambrate. Tra alti e bassi la produzione proseguì fino al 1992.
Maserati, Fiat e Ferrari
Progressivamente De Tomaso rilevò le azioni dalla Gepi, completando il processo nel 1989. Ma si trattò essenzialmente di una transizione, perché era evidente che da solo l’argentino non avrebbe potuto continuare. Così quell’anno la Fiat entrò in modo consistente nel capitale della Maserati. Era un preludio all’acquisizione vera e propria che venne completata nel 1993. Nel 1997 a Torino decisero di trasferire il 50% delle azioni Maserati alla Ferrari che due anni dopo ne assunse il controllo.
L’idea era di trasformare il marchio del Tridente nella divisione lusso dell’azienda di Maranello, mentre il Cavallino si sarebbe concentrato maggiormente sulle sportive pure (e le corse, ovviamente). La gamma si trasformò con due gran turismo chiamate semplicemente Maserati Coupé e Spyder, animate da un poderoso motore Ferrari V8 4.2 aspirato. Sono le antenate delle attuali Granturismo e Grancabrio. Nel 2002 la Maserati entrò nel mercato degli Stati Uniti che divenne il principale sbocco della produzione.
Ricordiamo di questo periodo la favolosa supercar Maserati MC12. Fu una coupé a motore centrale prodotta in una serie limitata di 50 esemplari e disegnata da Giugiaro. L’obiettivo era omologarla per partecipare al campionato FIA GT. Derivata dalla Ferrari Enzo, ne montava il motore V12 6.0 da 630 cavalli, superava 330 Km/h. Il telaio venne sviluppato insieme alla Dallara. Quindi dopo 37 anni la Maserati tornò ufficialmente alle competizioni. La nuova avventura fu vincente, come ai bei tempi. Infatti la MC12 si aggiudicò 6 campionati costruttori nel FIA GT tra il 2005 e il 2010 e altrettanti fra i piloti.
La Maserati oggi
Nel 2010 l’amministratore delegato di Fiat-Chrysler, Sergio Marchionne, decise di riunire in una sola entità i marchi Maserati, Alfa Romeo e Abarth, il polo del lusso. Il Tridente ha cercato di aggredire il mercato delle grandi berline extralusso dominato dalle tedesche, attraverso una nuova generazione della Quattroporte (contro Mercedes Classe S, Audi A8 e BMW Serie 7) e la più piccola Ghibli (Classe E, A6 e Serie 5). Nel 2013 le vendite sono salite ad oltre 15.000 unità contro le 6.000 del 2012. Nel 2014 Ghibli e Quattroporte necessitarono di un aumento della produzione perché in un solo mese, maggio, la casa vendette 3.000 unità. Alla fine del 2014, l’anno del centenario, le vendite si attestarono ad oltre 36.000 unità.
Nel frattempo siamo arrivati ad oggi. Nel 2017 una nuova pietra miliare, l’ingresso nel mondo dei SUV con la Maserati Levante. Anno che ha coinciso col record assoluto di vendite, 51.500 unità. Poi purtroppo sono tornati i rovesci. Le preferenze di Stati Uniti e soprattutto Cina hanno voltato le spalle al Tridente, le vendite nel 2018 sono quasi dimezzate. La morte di Marchionne ha lasciato un profondo smarrimento manageriale anche dal punto di vista della Maserati. Ora questa casa gloriosa attende una ritrovata attenzione sul rinnovo dei prodotti. Il futuro è sempre in divenire.
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