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Gilles Villeneuve: l’indimenticabile “aviatore”

Gilles Villeneuve
L'8 maggio 1982 moriva Gilles Villeneuve. Un ritratto di uno fra i piloti Ferrari più amati di tutti i tempi

La sua migliore qualità? Correre ogni volta come se non ci fosse un domani. Il suo peggior difetto? Correre ogni volta come se non ci fosse un domani. Gilles Villeneuve era questo: un pilota che non aveva la parola “limite” nel proprio vocabolario.

Per tale motivo ha sfasciato un numero considerevole di macchine e ha vinto molto meno di quanto avrebbe potuto, anche considerando i pochi anni che ha avuto a disposizione. Ma per la stessa ragione è stato uno dei piloti più amati; lo è ancora oggi, quando sono passati ben 38 anni da quel tragico 8 maggio 1982. Quelle immagini terribili dell’incidente di Zolder sono rimaste stampate nella memoria di chi le ha viste in quel momento e non cessano di angosciare chi le osserva oggi per la prima volta, ripescandole dai video che circolano in rete. Su di lui è stato detto tanto ma forse la fotografia più accurata del personaggio è proprio quella scattata da Enzo Ferrari: “Gilles con il suo temperamento conquistò subito le folle. E’ stato campione di combattività e ha regalato tanta notorietà alla Ferrari. Io gli volevo bene“.

GILLES VILLENEUVE, NATO PER CORRERE

Chissà, forse il suo carattere così caldo derivava proprio dall’essere nato e cresciuto in un clima rigido come quello del Canada. Gilles Villeneuve venne al mondo il 18 gennaio 1950 nel Québec, in una cittadina chiamata Saint-Jean-sur-Richelieu. All’età di 12 anni s’intravide il futuro “sfasciacarrozze”, quando prese di nascosto la Pontiac di suo padre per farci un giro. Un giro alla Gilles, ovviamente: alta velocità senza criterio. Poiché la strada era sdrucciolevole, in una curva il ragazzino perse il controllo e si schiantò senza un palo. Distrusse la sua prima macchina, senza fortunatamente farsi male. Quattro anni più tardi, presa la patente all’età minima di 16 anni fissata dalla legge canadese, comprò con i suoi risparmi una Skoda senza pretese, che lui però amava lanciare a tutta velocità sulle strade dei dintorni; come i poliziotti amavano fermarlo e multarlo. Correre per correre, tanto vale farlo sul serio, anche perché un certo qual talento era piuttosto evidente. Così a 17 anni il giovane Villeneuve esordì nelle drag races locali al volante di una Ford Mustang che aveva acquistato; partecipò anche alle competizioni sugli ovali in terra battuta. Però la sua strada doveva essere diversa. Le piste europee erano il suo obiettivo, tuttavia ciò era molto prematuro.

LE GARE IN MOTOSLITTA

A quei tempi in Canada, data la conformazione del territorio, erano molto popolari le corse sulle slitte a motore. Il padre comprò a Gilles una motoslitta con cui il ragazzo cominciò a correre in queste categorie. Si affermò rapidamente, arrivando a vincere anche il titolo mondiale. Nel 1973 entrò anche nelle competizioni sulle monoposto, vincendo 7 gare su 10 nel campionato del Québec di Formula Ford. Il suo stile di guida era più o meno lo stesso che usava per le slitte sulla neve, sempre al massimo, sempre di traverso.

Lavorò duramente per mettere insieme i capitali che gli servivano per salire di categoria, cioè la Formula Atlantic, massima serie canadese. Tuttavia dopo tre gare ebbe un grave incidente che gli procurò la frattura di una gamba, costringendolo ad uno stopo di un paio di mesi.

Tornato in attività, Gilles proseguì nelle corse in motoslitta, dov’era ormai una celebrità, per finanziare la carriera sulle piste in asfalto. Nel 1975, su una March-Ford in Formula Atlantic dominò in una corsa sotto il diluvio, sempre ignorando qualsiasi forma di prudenza. Ciò gli procurò una discreta notorietà nell’ambiente e anche un buon contratto per il 1976 che gli permise di lasciare le slitte e concentrarsi sulle monoposto.

Nell’ultima corsa stagionale a Trois-Rivières, dove partecipavano anche alcuni piloti di grido in Formula 1 data l’importanza e quindi il valore economico e d’immagine, Villeneuve si trovò come provvisorio compagno di squadra James Hunt. Sì, proprio il pilota inglese che quell’anno stava disputando il campionato del mondo a Niki Lauda, al quale lo avrebbe poi strappato. Hunt fu così impressionato da Villeneuve che ne parlò molto bene con i vertici della McLaren. I quali si decisero a dare una possibilità al giovane canadese.

VILLENEUVE IN FORMULA 1

Fu così che Gilles Villeneuve esordì in Formula 1, il 16 luglio 1977 nel Gran Premio di Gran Bretagna a Silverstone. La McLaren schierò per lui una terza macchina, non all’altezza delle altre due. Il giovane canadese non sfigurò di certo: si qualificò col 9° tempo, a circa mezzo secondo dalla pole di Hunt ma anche davanti alla seconda McLaren di Jochen Mass, migliore della sua. In gara però la storia fu diversa, perché Hunt vinse e Mass arrivò quarto, mentre Gilles si classificò 11° a due giri. La McLaren decise che non era il caso di proseguire con quello sconosciuto canadese, il quale tornò deluso a casa.

Avventura finita? In quel momento forse Villeneuve pensava che lo fosse. Ma quando ti fai notare, prima o poi qualcuno si ricorda di te. Capitò che Niki Lauda, avendo vinto in anticipo il campionato, decise di lasciare la Ferrari. Ma soprattutto scelse di non correre nelle ultime due gare stagionali, facendo infuriare il Commendatore. Serviva un sostituto ed Enzo Ferrari decise di rivolgersi a quel giovane irruento ma talentuoso, sicuro di poterlo plasmare e farne un pilota vincente. Ecco che Gilles Villeneuve arrivò ad esordire sulla Ferrari, proprio nel Gran Premio di casa sua, in Canada a Mosport Park. La gara si svolse il 9 ottobre 1977.

GILLES ALLA FERRARI, L’AVIATORE

Gilles Villeneuve

La Ferrari di fine 1977 non era la stessa che aveva permesso a Lauda di vincere il campionato fino ad un mese prima. Ora soffriva molto la concorrenza. Il pilota diventato titolare, Carlos Reutmann, si qualificò 12° ad oltre due secondi dal poleman Mario Andretti sulla Lotus 78 ad effetto suolo. Villeneuve rimediò un altro secondo, ottenendo il 14° posto in griglia. In gara non andò meglio: ritiro per Reutmann al 20° giro, ritiro per Villeneuve a quattro giri dal termine, entrambi per guasti. Ma il canadese si classificò 12°.

Nella gara successiva, in Giappone al Fuji, le cose presero una piega grave. Dopo una pessima qualifica in cui ottenne solo il 20° tempo, in gara Gilles cercò un sorpasso sulla Tyrrell di Ronnie Peterson al termine del rettilineo del traguardo; però nella manovra urtò la vettura dell’avversario su una ruota posteriore, il che causò il decollo della Ferrari. Purtroppo l’auto di Villeneuve finì oltre le barriere di protezione e travolse delle persone che non avrebbero dovuto trovarsi in quel punto, essendo una zona vietata al pubblico. Un commissario di percorso e un fotografo persero la vita, altri spettatori rimasero feriti. Polemiche a non finire contro Gilles (ma soprattutto contro la Ferrari, il vero bersaglio), però chissà perché nessuno si domandò come mai tutti quegli spettatori si trovassero in una zona proibita e cosa stessero facendo gli addetti ai controlli sul percorso, invece del proprio dovere.

La stagione 1978 fu molto difficile per la Ferrari, alle prese con enormi problemi nella tenuta di strada e nella gestione delle gomme. Villeneuve ci mise del suo per rendere le cose più complicate, a causa della sua irruenza. Furono parecchi gli incidenti che lo videro coinvolto; la stampa italiana inventò per lui il nomignolo “Aviatore”, poiché non di rado i suoi incidenti si risolvevano con il decollo della vettura. Erano in tanti a volere la sua rimozione, soprattutto i piloti che, rosi dall’invidia, desideravano occupare quel sedile. Ma Enzo Ferrari fu sempre fermo nel difendere il giovane scavezzacollo. Il quale tuttavia stava maturando.

A Monza si qualificò al secondo posto e mantenne la posizione anche al termine della corsa (quella col terribile incidente in partenza che costò la vita a Ronnie Peterson), tuttavia venne penalizzato di un minuto insieme al vincitore Mario Andretti per procedura irregolare nella seconda partenza, sebbene ci fosse stata una gran confusione. Ad ogni modo, quella gara convinse definitivamente Enzo Ferrari a riconfermare Villeneuve. Fiducia che il canadese ripagò subito, vincendo il suo primo gran premio, ancora a casa sua in Canada ma sul nuovo circuito di Montreal. Si qualificò terzo e con una gara inaspettatamente accorta, su una vettura ancora ballerina, si trovò in testa approfittando di parecchi errori dei concorrenti; così, quell’8 ottobre 1978, passò per la prima volta sotto la bandiera a scacchi davanti a tutti.

VILLENEUVE 1979, VICINO AL MONDIALE

Gilles Villeneuve

Nel 1979 Reutmann fu sostituito da Jody Scheckter. Dalla terza gara in Sudafrica la Ferrari schierò la nuova macchina, cioè la 312 T4. Ormai tutti i costruttori avevano imitato la Lotus nel proporre vetture che sfruttassero l’effetto suolo, compresa la scuderia di Maranello. Che in più aveva un motore più potente. I risultati si video subito. Villeneuve a Kyalami scelse una più saggia tattica nella scelta delle gomme (la gara era stata sospesa per pioggia), così vinse il gran premio. Nella corsa successiva, negli USA a Long Beach, Gilles fece cappotto: pole position, giro più veloce e soprattutto vittoria del gran premio. Così il tanto criticato aviatore si trovò in quel momento addirittura in testa alla classifica mondiale. Tuttavia nelle gare successive ebbe alcuni problemi meccanici che gli fecero perdere il comando a vantaggio di Scheckter. Nel resto della stagione il sudafricano corse in maniera intelligente non commettendo mai errori, conquistando sempre punti preziosi.

A Monza gli contendevano il titolo ancora Jacques Laffite e Villeneuve. Una vittoria avrebbe consegnato il mondiale matematicamente a Scheckter. Il quale, partendo dalla terza posizione (le due Renault turbo erano in prima fila, particolarmente veloci sui rettilinei brianzoli), prese subito il comando. Ritiratosi Laffite, Gilles si trovava al secondo posto a pochi giri dal termine, l’unico ancora a poter contendere il campionato al compagno di squadra. Ma si attenne agli ordini di scuderia che non volevano duelli interni, quindi rinunciò ad attaccare Scheckter. Il quale vinse gara e titolo. Villeneuve vinse la corsa conclusiva della stagione, negli USA a Watkins Glen. Partito dalla terza posizione, sotto la pioggia prese subito il comando e lo mantenne per tutta la gara, anche dopo il cambio gomme quando la pista si era asciugata. Una vittoria di maturità.

Preceduta comunque nella stagione da altri guizzi di relativa follia. Come in Olanda, a Zandvoort. Uscito di pista, tentò di proseguire la gara ma la ruota posteriore sinistra era gravemente danneggiata, già quasi sul cerchione. Invece di fermarsi subito, Gilles andò avanti, barcollando sul cerchio. Voleva tornare ai box, nonostante fosse in un punto del circuito molto lontano. Stava girando su tre ruote, le quali però presto diventarono solo due, infatti quella danneggiata perse subito la gomma già ampiamente distrutta. Quindi il canadese compì quasi un intero giro molto lentamente, col braccio alzato per segnalare la sua posizione precaria, la macchina appoggiata su anteriore sinistra e posteriore destra. Il direttore tecnico di quegli anni, Mauro Forghieri, ricorda che, arrivato ai box con il cerchio quasi completamente staccato e la sospensione sfasciata, Gilles chiese: “Si può riparare?

QUEL LEGGENDARIO DUELLO CON ARNOUX

Gilles Villeneuve

A metà stagione in Francia, sulla pista di Digione, ci fu uno degli episodi più memorabili della carriera di Gilles e forse dell’intera storia delle corse. Una sequenza che chiunque appena appena apprezzi l’automobilismo non può non aver visto e se ancora non l’ha fatto (sperabilmente perché è troppo giovane), vada subito a cercarsi il video sul web. Parliamo dell’indimenticabile duello con la Renault di René Arnoux. Ancora più entusiasmante, se si pensa che i due non lottavano nemmeno per la vittoria ma per la seconda posizione, essendo l’altra Renault di Jean-Pierre Jabouille lontana in testa. Mancano tre giri al termine, rettilineo del traguardo, Arnoux sfrutta la scia di Villeneuve, si affianca alla staccata e lo attacca all’interno; Gilles non molla e tiene giù il piede, ma René non è da meno; lunga curva a destra, un centimetro di vantaggio, poi due, poi tre, finalmente il francese riesce ad andare davanti.

Giro successivo, traguardo, replay a posizioni invertite. Questa volta è il canadese a sfruttare la scia e affiancarsi in fondo al rettilineo; ma Gilles, essendo Gilles, entra molto più deciso e veloce, ritarda la frenata fino all’inverosimile e infatti blocca le ruote esterne, fumata da sollucchero per gli spettatori; controllo da superstar e dentro più veloce del rivale, infatti gli esce davanti prima rispetto a quanto l’altro non avesse fatto nel giro precedente. Ultimo giro, ci risiamo. Questa volta è René a riprovarci sfruttando la scia; senonché Gilles, che se lo aspettava, ritarda nuovamente la frenata il più possibile, ancora bloccando le ruote con fumata da sballo (va detto che in quella fase la sua macchina aveva qualche problema ai freni); questo gli permette di mantenere ancora la sua Ferrari appaiata alla Renault.

Villeneuve tiene giù, Arnoux non tira su, i due proseguono affiancati per l’intera doppia curva successiva, oggi una situazione del genere sarebbe inconcepibile. Il francese sfrutta tutta la pista e forse quel vantaggio di potenza che a quel punto del breve rettilineo che seguiva il turbo della sua Renault gli poteva dare, così va avanti di qualche metro. Ma esce scomposto; Gilles invece, che del turbo se ne frega perché non ce l’ha ancora e schiaccia quando gli pare, ha una traiettoria vagamente più pulita e la migliore aderenza che ne deriva gli permette di affiancarsi, con una piccola ruotata quasi impercettibile.

Stavolta è il canadese ad uscire quasi di traverso e all’esterno, quindi leggermente più lento; il francese resta davanti, ma dura poco. Nella curva successiva, secca a destra, il ferrarista arriva veloce e deciso, si affianca all’interno e passa d’autorità. Il resto del giro è una sofferenza per tutti: Gilles, René, il pubblico, i box. Arnoux resta incollato a Villeneuve, ma quel tratto sul misto non permette al turbo francese di sfruttare tutto il suo vantaggio, il canadese conserva quel millimetro o due fino alla bandiera a scacchi e incamera il secondo posto. Palpitazioni, ancora oggi quarant’anni dopo.

1980 E 1981, LA FRUSTRAZIONE

Scheckter era il campione del mondo ma ormai appariva a tutti che il pilota più forte alla vigilia della stagione 1980 fosse proprio Villeneuve. Molti lo davano favorito per il titolo. Ma la Ferrari fu presuntuosa nel ritenere che la macchina del 1979 fosse talmente superiore da necessitare solo pochi ritocchi per essere ancora vincente, mentre si preparava per il 1981 il nuovo motore turbo. Per difendere il quale Enzo Ferrari mise in campo tutto il proprio prestigio, contro i costruttori inglesi (che lui chiamava “assemblatori”, come effettivamente meritavano) motorizzati Ford Cosworth che spingevano per vietarlo. Minacciò di abbandonare la Formula 1 in caso di modifica al regolamento, così gli inglesi abbassarono la cresta, perché una F.1 senza la Ferrari non avrebbe avuto più il benché minimo valore commerciale.

Tuttavia la Ferrari 312 T5 presentava solo leggere migliorie, non sufficienti per contrastare una concorrenza diventata molto forte, anzi di gran lunga migliore. La scuderia di Maranello nel 1980 non vinse mai. Villeneuve ottenne la miseria di 6 punti, arrivando non meglio di quinto. Scheckter andò anche peggio e decise che ne aveva abbastanza, così si ritirò al termine della stagione. Venne sostituito da Didier Pironi.

Nel 1981 la macchina era completamente nuova, la 126 CK, prima Ferrari con motore turbo. Però i problemi di affidabilità furono notevoli, inoltre il telaio era aerodinamicamente inferiore a quello della Williams, la vettura migliore del lotto, ma pure Brabham, Renault e Ligier avevano un pacchetto più competitivo. Anche quella stagione fu molto tribolata per Villeneuve, tempestata di ritiri. Si salvano però due prestazioni maiuscole: due vittorie consecutive a Montecarlo e in Spagna.

A Monaco il successo fu dovuto soprattutto ai problemi meccanici di Alan Jones e Nelson Piquet. In Spagna invece Gilles rimontò dalla settima posizione e mantenne il comando grazie ad una notevole freddezza, apparentemente non tipica del personaggio: aveva dietro di sè negli ultimi giri quattro avversari complessivamente più veloci sul misto, grazie a telai migliori. Ma lui riuscì a conservare la prima posizione sfruttando la maggiore potenza in rettilineo del motore Ferrari. Gilles aveva dimostrato che, quando voleva, sapeva usare la testa.

Nel GP del Canada, penultima gara stagionale, ci fu un invece un altro episodio “alla Gilles”. Partiva undicesimo, fortissima pioggia. Rimontò da par suo fino al terzo posto; però due contatti precedenti gli avevano rovinato l’alettone posteriore che ad un certo punto si piegò, formando una barriera verticale davanti ai suoi occhi. Dal box gli segnalarono disperatamente di rientrare, ma lui proseguì, seppure lentamente, perché non voleva perdere la posizione. Solo dopo un bel po’ l’ala saltò via e lui poté vederci di nuovo, seppure con una vettura molto instabile. Giunse terzo. Avrebbe poi dichiarato che in quel momento per vedere la pista si basava sulle tracce di gomma sulla traiettoria.

1982, I VELENI DI IMOLA

Nel 1982 la Ferrari si presentava come macchina almeno alla pari della concorrenza, se non superiore. Ma nella gara di apertura in Sudafrica Villeneuve si ritirò per rottura del turbo, mentre in Brasile il ritiro avvenne mentre era in testa, uscì di pista difendendosi dall’attacco di Piquet. Negli USA a Long Beach giunse terzo ma venne squalificato perché l’ala posteriore della Ferrari fu giudicata irregolare.

Così si arrivò ad Imola. Anche qui ci fu un prologo di velenosa politica sportiva. I costruttori inglesi guidati da Bernie Ecclestone protestarono contro le nuove regole sul peso minimo delle vetture, quindi decisero di non partecipare al gran premio. Quindi presero il via solo sette scuderie per 14 auto. Di quelle, solo Ferrari e Renault erano in grado di contendersi la vittoria. Le due francesi sembravano superiori, dopo essere partite in prima fila, però si dimostrarono fragili: Alain Prost si ritirò per un problema elettrico e René Arnoux per la rottura del motore. Quindi le due Ferrari rimasero da sole, padrone della gara.

Pironi si trovava in testa, Villeneuve lo superò quattro giri dopo. A quel punto, dato il vantaggio enorme sul terzo, circa un minuto, e il rischio sempre presente con i turbo di esaurire la benzina, dal box Ferrari esposero il cartello “slow”, rallentare. La diatriba dura ancora oggi. Chi aveva ragione? Villeneuve che lo interpretò come congelamento delle posizioni o Pironi che ritenne di poter comunque superare pur andando meno velocemente? Tutti gli indizi puntano sul fatto che Pironi avesse interpretato il cartello come più gli faceva comodo. Perché, approfittando del rallentamento di Gilles, lo superò subito.

E anche quando cominciarono a ripassarsi più volte, il canadese manteneva un’andatura più lenta quando era in testa, il francese invece era più veloce. All’ultimo giro, Pironi superò ancora e andò a vincere. “Mi ha rubato la gara“, disse ripetutamente alla stampa Villeneuve. Ricordiamo tutti quell’espressione nera sul podio. E si rovinarono anche i rapporti con la squadra, rea secondo il canadese di non averlo difeso. Anche Enzo Ferrari si mostrò fin troppo diplomatico, diede ragione a Gilles ma non tanto. D’altra parte, nella sua posizione non poteva fare altro. Pironi invece disse sempre che non esistevano accordi di congelamento delle posizioni.

LA MORTE DI GILLES VILLENEUVE

Gilles Villeneuve
L’odierna scritta commemorativa sul traguardo del circuito di Montreal

Dunque, come spesso accade, il compagno di squadra diventa il nemico numero 1. Con quello spirito Gilles si avvicinò alla gara successiva, il Gran Premio del Belgio a Zolder. Voleva a tutti i costi dare una lezione a Pironi, batterlo nel modo più vistoso possibile. Per questo motivo, a pochi minuti dal termine delle qualifiche, sabato 8 maggio 1982, il canadese tornò in pista; era ottavo mentre il francese aveva il sesto tempo. Ore 13.52, Villeneuve esce dal box, passa dal traguardo, giro cronometrato, prosegue a tutta velocità per un secondo giro. Arriva in pieno alla curva chiamata Terlamenbocht, davanti a sé procede la March di Jochen Mass, lenta. Curva secca a sinistra in discesa, Gilles esce molto più velocemente e all’inizio del breve rettilineo si appresta a sorpassare.

L’equivoco fatale: Mass vede Villeneuve negli specchietti, si sposta verso destra, convinto che il ferrarista volesse superare a sinistra. Invece Gilles stava superando a destra e improvvisamente si è trovato la porta chiusa. Non ha il tempo di evitare il contatto, la sua ruota anteriore sinistra tocca la posteriore destra di Mass, effetto rampa. La Ferrari decolla e compie due interi loop (ruota su se stessa intorno all’asse trasversale). La vettura si schianta contro le barriere e, inaspettatamente, la scocca si spezza proprio tra il sedile e la protezione del serbatoio, aveva ceduto uno dei pannelli a nido d’ape che costituivano il telaio.

Ciò ha causato il distacco delle cinture di sicurezza, quindi il pilota è stato proiettato fuori dall’abitacolo, proprio ciò che si presumeva dovesse essere impossibile. Sono particolarmente terrificanti le immagini, riprese dalla diretta televisiva di quel giorno: l’inquadratura non copriva l’intera pista, quindi non si è visto il primo impatto al suolo della macchina, ma solo l’innesco del decollo. Gli spettatori all’improvviso videro lo schermo riempirsi di rottami e di una figura bianca che volava come fosse un burattino. Purtroppo si trattava di una persona, il pilota.

Atterrò contro le reti metalliche, il suo collo colpì violentemente un paletto di sostegno. Anche il casco saltò via. I soccorsi furono rapidi quanto inutili. Trasportato in elicottero all’ospedale più vicino, gli esami constatarono la rottura delle vertebre cervicali. Il cervello non era più in grado di trasmettere gli impulsi al resto del corpo. Alle 21.12 la moglie Johanna autorizzò i medici a disattivare le macchine che artificialmente permettevano ancora al cuore di battere. Gilles Villeneuve era morto. Sulle sue orme, il figlio Jacques superò il padre, diventando uno dei pochi piloti nella storia ad aver vinto sia il mondiale di Formula 1 che la 500 miglia di Indianapolis. Sulla linea del traguardo del circuito di Montreal, dedicato proprio a Villeneuve, campeggia l’omaggio permanente, la scritta: “Salut Gilles”, ciao Gilles.

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