La famosa Audi Quattro compie 40 anni e, fra i suoi parecchi traguardi, vanta il non trascurabile merito di aver trasportato la tecnologia della trazione integrale dal ristretto mondo dei fuoristrada e dei mezzi specializzati a quello dello sport e delle alte prestazioni. Un rapido profilo appare senz’altro dovuto.
Audi Quattro, le origini
Risaliamo all’ormai lontano 1977. Ferdinand Piëch ricopriva il ruolo di direttore tecnico della casa degli anelli. Poiché nelle sue vene scorreva sangue Porsche (era nipote del grande Ferdinand), egli era un appassionato di competizioni. Naturalmente aveva ben presente un fatto accertato da parecchi decenni: le corse sono sempre un eccellente strumento pubblicitario per l’immagine della marca, un potente volano per le vendite della produzione in serie.
Propose quindi lo sviluppo di un programma che prevedeva la partecipazione al campionato mondiale rally con un modello che successivamente sarebbe stato prodotto su larga scala. Un attento studio del direttore per i telai, Jörg Bensinger, concluse che l’unico modo per compensare i problemi di scarsa motricità su terreni viscidi delle berline molto potenti (settore strategico per la casa) a trazione anteriore o posteriore, fosse il ricorso alla trazione integrale.
Nell’ottica dell’utilizzo quotidiano, ciò avrebbe comportato soprattutto benefici in termini di sicurezza. I dirigenti dell’Audi autorizzarono quindi lo sviluppo di un prototipo a quattro ruote motrici. Nel 1978 arrivò anche il benestare alla partecipazione nel mondiale rally, il che comportava la produzione di un modello in almeno 400 esemplari per ottenere l’omologazione nel Gruppo 4 della federazione sportiva internazionale. Il 6 marzo 1980 il modello fu presentato al Salone di Ginevra.
Ma l’Audi Quattro ottenne importanti risultati anche a livello commerciale, naturalmente trainata dalle vittorie nelle corse. Questo modello nelle sue evoluzioni restò in produzione fino al 1991 e fu costruito in 11.452 esemplari, altro che i soli 400 necessari all’omologazione sportiva. L’aspetto rimase praticamente immutato dall’inizio alla fine.
Le caratteristiche tecniche
L’Audi Quattro dunque prese rapidamente forma. Il corpo vettura derivava dall’Audi Coupé di Giorgetto Giugiaro, lo stile definitivo fu opera di Martin Smith. Lunghezza 440 cm, larghezza 173, altezza 134 e passo 252 cm. Il differenziale centrale costituiva il cuore della trazione integrale, costruito come un sistema robusto, sì, ma anche molto compatto, perché le prestazioni venivano al primo posto. Esso ripartiva la coppia motrice al 50% sui due assi.
Era possibile il bloccaggio sia del differenziale centrale che di quello posteriore. Il motore venne preso dall’ammiraglia 200: un cinque cilindri in linea da 2.144 cc con testata in lega leggera, sovralimentato da un turbocompressore KKK e montato longitudinalmente all’anteriore. Per resistere alle sollecitazioni in corsa, si aggiunse poi un intercooler ad aria. Il propulsore così modificato erogava una potenza di 200 cavalli (erano 170 sull’Audi 200). Nella versione stradale l’auto pesava 1.280 Kg, accelerava da 0 a 100 in 6,9 secondi e raggiungeva 220 Km/h di velocità massima.
Un dettaglio sul nome. Il Quattro (ovviamente legato al numero di ruote motrici) significa proprio 4, all’italiana. Presumibilmente perché, quando si parla di corse e di auto sportive, l’Italia è sempre stata un esempio per tutti. Sulla grafia: quando ci si riferisce a questa vettura specifica, si scrive Audi Quattro con la “Q” maiuscola. Quando invece si parla genericamente del sistema di trazione integrale che equipaggia i modelli (anche attuali) della marca tedesca, allora si scrive Audi quattro con la minuscola.
Audi Quattro nel mondiale rally
L’esordio dell’Audi Quattro nel campionato mondiale avvenne al rally di Montecarlo del 1981, due vetture affidate ai piloti Hannu Mikkola e Michèle Mouton. La prima vittoria arrivò nella gara successiva, in Svezia, per mano di Mikkola. Nella versione da gara la potenza saliva a 304 cavalli e il peso scendeva a 1.190 Kg. In quella stagione l’Audi ottenne tre vittorie, Mikkola si classificò terzo in campionato, la squadra quinta. Nel 1982 l’Audi aveva una maggiore confidenza, così la squadra venne rinforzata con tre vetture, si aggiunse lo svedese Stig Blomqvist. La potenza raggiunse anche 340 cavalli. Il team tedesco si aggiudicò il mondiale costruttori (che si chiamava mondiale marche) ma il campionato piloti sfuggì alla Mouton che arrivò seconda dopo aver vinto tre rally.
Nel 1983 cambiarono i regolamenti. Venne creato il Gruppo B. L’Audi Quattro aggiunse la sigla A1; peso di 1.100 Kg e circa 360 cavalli di potenza. Ma dopo quattro gare venne sostituita dalla A2 con un nuovo motore che raggiungeva 400 cavalli. Equipaggi confermati, questa volta Mikkola si aggiudicò il titolo mondiale piloti; invece il mondiale marche venne vinto dalla Lancia. Nel 1984 i tedeschi volevano vincere tutto: quattro vetture ufficiali con l’ingresso di Walter Röhrl. Missione compiuta: successo nel campionato mondiale marche e arrivò anche il titolo piloti, questa volta con Stig Blomqvist. Nel 1985 l’Audi però perse i titoli, ottenendo una sola vittoria a Sanremo con Röhrl e classificandosi al secondo posto in campionato. La Quattro non fu invece competitiva nel 1986 e si ritirò al termine di quella stagione. Il bilancio finale dell’Audi Quattro nel campionato mondiale rally resta di due titoli mondiali marche e due piloti con 23 vittorie complessive.