In un mondo dalla memoria sempre più corta, qualcuno oggi si ricorda di Alain Prost? Quel signore di bassa statura, capelli prevalentemente grigi e naso prominente che si vede spesso al box della Renault durante gli odierni gran premi di Formula 1? C’è un motivo preciso per cui la squadra diretta emanazione di uno dei principali costruttori automobilistici del mondo ha ingaggiato quel signore coi capelli grigi in qualità di direttore non esecutivo. E’ perché quando i suoi capelli erano neri è stato uno dei più grandi piloti della sua epoca, e ancora oggi va considerato uno dei migliori di tutti i tempi. La statura del suo talento è inversamente proporzionale a quella del suo corpo. Prost è stato un gigante della Formula 1, senza mezzi termini. Ancora di più se consideriamo il valore degli avversari con cui ha dovuto misurarsi: Niki Lauda, Nelson Piquet, Nigel Mansell. E un certo Ayrton Senna. Alain Prost compie 65 anni, il mondo delle corse e tutti noi appassionati gli dobbiamo molto, al di là del tifo.
Alain Prost, 65 anni da campione
Alzi la mano chi crede che Prost da bambino non sognasse di correre in F1. Eppure è proprio così. Alain Marie Pascal Prost, nato il 24 febbraio 1955 nella cittadina francese di Lorette (regione della Loira) da una famiglia di artigiani del mobile, è cresciuto inseguendo altri tipi di passioni: attivo praticante di vari sport, il suo obiettivo da ragazzino era sfondare nel mondo del calcio. I motori erano invece il pallino di suo fratello Daniel. Il quale un giorno, mentre erano in vacanza, lo convinse a provare un kart, nonostante avesse un braccio fasciato per un infortunio. Alain, 14 anni, non aveva mai visto un mezzo del genere. Partì ultimo e vinse. Era nata una stella.
Prost, dal kart alla Formula 1
Perché in Alain si accese il sacro fuoco dell’automobilismo, quella gara in kart fu come la scintilla che da una candela provoca la combustione della benzina in un motore a scoppio. Da quel momento quell’adolescente francese risparmiò tutto il denaro che poteva per poter acquistare un kart usato. Così cominciò a correre e vincere, sia a livello nazionale che continentale. Nel 1975 approdò nelle auto guadagnandosi a suon di risultati una “borsa di studio”, cioè la possibilità di partecipare ad una stagione nella Formula Renault del suo Paese. Indovinate chi la vinse. Titolo europeo nel 1977 e altro alloro continentale nel 1979 in Formula 3.
Il mondo della Formula 1 ha sempre tenuto gli occhi bene aperti sulle categorie minori, fonte inesauribile di talenti. Quindi i giovani piloti che si mettono in evidenza collezionando successi vengono immediatamente notati. Così inevitabilmente accadde anche per Prost, al quale sempre nel 1979 la McLaren offrì un test sulla monoposto per la massima categoria. Poiché il giovane francese girò più velocemente del titolare John Watson, la scuderia di Woking si affrettò a metterlo sotto contratto. Prost quindi esordì in un gran premio di Formula 1 nella prima gara stagionale del mondiale 1980, il 13 gennaio in Argentina a Buenos Aires. La McLaren-Ford non era un gran che di macchina, però il giovane arrembante riuscì a piazzarsi al sesto posto. La vettura si mostrò particolarmente fragile e Prost ebbe alcuni incidenti derivati da rotture meccaniche. Proprio non gli piaceva. Dato che la Renault aveva mostrato interesse per lui, colse la palla al balzo e nel 1981 passò alla corte della Régie.
Alain Prost alla Renault, il vano inseguimento mondiale
Furono tre anni sofferti e pieni di frustrazioni. Ma anche stagioni in cui il talento di Prost emerse in pieno e il pilota maturò abbastanza per raccogliere successivamente frutti gustosi, sebbene talvolta aspri e vagamente amari. Nel 1981 Alain, sebbene seconda guida della Renault turbo accanto al più anziano e garibaldino René Arnoux, si rivelò non solo velocissimo ma anche molto abile nella messa a punto della monoposto. Si guadagnò l’appellativo di “Professore” perché in diverse occasioni scelse combinazioni di gomme diverse da quelle suggerite dagli ingegneri della Michelin, ottenendo ottimi risultati. Prost conquistò la prima vittoria della carriera in Formula 1 nel GP di Francia a Digione, il 5 luglio 1981. Quella stagione si concluse con tre successi e tre podi, oltre a due pole positions, che gli valsero la quinta posizione nel mondiale. A 26 anni e alla seconda stagione, su una macchina non eccezionalmente affidabile, Alain Prost era già accreditato come uno dei migliori piloti in circolazione.
Nel 1982 la Renault fu molto più competitiva. Nella prima gara in Sudafrica Prost si ritrovò doppiato a causa di una foratura ma, guidando come se di turbo ne avesse tre o quattro, rimontò alla grande e andò a vincere. Altri successi furono però contrastati da diversi ritiri per guasti e alcuni incidenti. Così la stagione si concluse al quarto posto. Nel 1983 Arnoux se ne andò e fu sostituito da Eddie Cheever. Prost diventò anche formalmente la prima guida della Renault e un serio pretendente al titolo mondiale. Tuttavia la macchina e la squadra non lo assecondarono pienamente. Alain lottò fino all’ultimo con la BMW di Nelson Piquet ma alla fine dovette arrendersi. Tra mille polemiche, Prost lasciò la Renault. Ron Dennis lo aveva corteggiato da par suo e lo portò alla McLaren, dove lo attendeva Niki Lauda.
Prost alla McLaren: finalmente mondiale
Nel 1984 la McLaren-Porsche, affinata dalla sapiente sensibilità di Lauda, si mostrò subito una macchina quasi imbattibile. Il campionato fu una lotta interna e bellissima: il vecchio ma ancora vincente austriaco contro il giovane arrembante francese assetato di corona. A differenza di ciò che sarebbe accaduto negli anni successivi, il duello restò molto corretto. La McLaren si aggiudicò 14 gran premi su 18 e Lauda afferrò il titolo all’ultima gara, beffando Prost solo per mezzo punto.
L’origine di quello 0,5 fu memorabile, una tra le pagine più belle nonché controverse nell’intera storia della Formula 1. Nel Gran Premio di Monaco la corsa si disputò sotto una pioggia violenta e incessante. Prost partiva in pole e restò in testa quasi per tutta la gara. Tanti piloti uscirono di pista, compresi Lauda e un Nigel Mansell già scatenato. Emerse dal nulla un giovane brasiliano semisconosciuto al volante della non competitiva Toleman-Hart: Ayrton Senna. Dalle retrovie guidò come se non piovesse, trovando dei magici binari di aderenza visibili solo a lui. Rimontò su Prost al ritmo di tre secondi al giro; ma nel momento in cui lo stava superando il direttore di gara Jacky Ickx sventolò la bandiera rossa, dopo 31 giri. La gara non riprese e il gran premio fu aggiudicato a Prost, poiché il regolamento teneva conto della classifica al giro precedente l’interruzione. Fu assegnato metà punteggio perché era stato disputato meno del 75% dei giri previsti. Quindi 4,5 punti per Prost invece di 9 (o più probabilmente 6, perché sarebbe arrivato secondo). Quella differenza che al termine della stagione gli avrebbe portato via un titolo mondiale certamente meritato.
Ma nel 1985 le cose cambiarono. Lauda si avviava verso il tramonto della carriera (si sarebbe ritirato a fine anno), Prost era il leader incontrastato della squadra. Nella prima parte della stagione però la Ferrari e Michele Alboreto si mostrarono superiori, perché la McLaren soffriva di molti problemi di affidabilità. Tuttavia nelle ultime gare una inspiegabile decisione dello stesso Enzo Ferrari di sostituire i fornitori del turbocompressore rese la monoposto di Maranello soggetta a numerose rotture. Prost quindi recuperò e controllò la situazione. Con cinque vittorie si laureò finalmente campione del mondo.
Nel 1986 la lotta fu stupenda e ravvicinata. Ritiratosi Lauda, in McLaren arrivò Keke Rosberg, stagionato ma ancora capace di guizzi interessanti. La Williams-Honda era diventata la macchina da battere, Mansell e Nelson Piquet battagliavano senza risparmio col francese. Ma anche Senna dava a tutti del filo da torcere su una Lotus-Renault competitiva. I due della Williams avevano un certo margine di superiorità, ma la lotta interna manteneva Prost in corsa; tra l’altro quell’anno Frank Williams ebbe quel terribile incidente stradale che lo costrinse sulla sedia a rotelle e restò lontano dalle gare per molto tempo. L’ultima gara in Australia ad Adelaide fu decisiva. Mansell aveva un piccolo vantaggio su Piquet e Prost. Ma le gomme Goodyear tradirono le Williams: a Mansell esplose uno pneumatico in pieno rettilineo, Piquet fu richiamato al box per evitare lo stesso problema. Prost invece aveva già sostituito le gomme in precedenza per una foratura. Si trovò in testa e taglio il traguardo davanti a Piquet, confermandosi inaspettatamente iridato. Nel 1987 invece non ci fu storia. Troppo superiori le Williams, Piquet prevalse su Mansell e Prost finì al quarto posto in classifica, anche dietro la Lotus-Honda di Senna.
Alain Prost e Ayrton Senna
Quanto avrebbe vinto Alain Prost se non avesse incontrato Ayrton Senna sulla propria strada? E, dalla parte opposta, quanto avrebbe vinto il brasiliano senza il francese a rompergli le uova nel paniere? Molto di più, indubbiamente. Questi due piloti sono stati senza ombra di dubbio i migliori della propria generazione. Proprio perché erano i più forti, hanno avuto l’opportunità di guidare per lungo tempo la macchina più competitiva. Sette-otto titoli per Prost? Sei-sette per Senna? Non è da escludere. Ma non avrebbero avuto lo stesso sapore, perché non resi leggendari da avversari di quella caratura. Chi ha potuto assistere alle gare di Formula 1 tra gli anni Ottanta e Novanta è stato senza dubbio molto fortunato.
La storia è stata raccontata tante volte. Noi stessi ne abbiamo ripercorso i punti focali. Vi invitiamo dunque a rileggere l’apposito articolo su Ayrton Senna al link di questa pagina, per scorrere nuovamente i fotogrammi di quel film favoloso.
Prost alla Ferrari
Alain Prost aveva annunciato già a metà 1989 di aver firmato un contratto biennale per la Ferrari. Approdato a Maranello dopo le vicende da tragedia greca dell’autunno-inverno, Prost voleva nuovamente concentrarsi sulle corse senza più veleni interni. Tuttavia si trovò in squadra con un tipino tutt’altro che arrendevole. Nigel Mansell era un cavallo selvaggio: assolutamente incontenibile. In più sapeva guidare in modo sublime; non il più facile dei compagni. Ma per chi aveva appena salutato Ayrton, ci voleva ben altro. E poi la Rossa era finalmente tornata vincente, il telaio di John Barnard era stato rodato alla perfezione e il V12 di Maranello (dal 1989 erano tornati i motori aspirati) se la giocava alla pari col V10 Honda. In più c’era l’avveniristico cambio semi-automatico. Insomma, un pacchetto da titolo. Così Prost continuò a battersi contro Senna. In Portogallo Mansell però gli tirò uno sgambetto, pattinando troppo dalla pole e spingendo il compagno verso il muro, favorendo le McLaren. Polemiche a non finire tra il francese, Mansell e il direttore sportivo Cesare Fiorio. Che Prost non si fosse accorto di guidare per la Ferrari? Poi arrivò Suzuka 2, “rough justice” (giustizia brutale) definì Ron Dennis la manovra temeraria di Senna che buttò fuori entrambi alla prima curva, regalandogli il titolo mondiale. Vendetta per ciò che Prost gli fece l’anno prima? Ancora oggi se ne discute, trent’anni dopo.
Nel 1991 invece non ci furono duelli. Mansell tornò alla Williams dove trovò Riccardo Patrese, a Maranello arrivò il giovane Jean Alesi. Per incanto la Ferrari sparì dall’orizzonte. Macchina sbagliata, squadra in subbuglio. Senna divorò il mondiale, anche le due Williams-Renault andarono meglio. Prost era così frustrato che, sempre a Suzuka, dove finì quasi doppiato, si sfogò con i giornalisti francesi (invece agli italiani aveva genericamente parlato di problemi di assetto e gomme), pronunciando quella famigerata frase: “Questa Ferrari mi sembra un camion”. Fiorio lo venne a sapere lo stesso e così tutta la squadra. Buttarono subito fuori Prost, professore o non professore. Grande errore. Dove andare? In Williams c’era Mansell, in McLaren Senna. Le altre squadre non erano competitive. Fu così che Alain Prost prese il famoso “anno sabbatico”. Si ritirò temporaneamente in attesa di tempi migliori e per meditare sulle sue malefatte mediatiche.
Prost alla Williams: l’ultimo mondiale
In realtà il ritiro di Prost durò meno di quanto sembrasse. Perché Frank Williams era un vecchio volpone. Voleva Prost ma non poteva rompere il contratto con Mansell. Il quale pretendeva un compenso adeguato al proprio valore. Frank mantenne il piede in due scarpe. Portò avanti la trattativa con Mansell, però poco dopo l’inizio del 1992 firmò con Prost per il 1993. Mansell scrisse anni dopo che Williams non lo aveva informato di questo dettaglio. Come di un altro particolare non secondario: Prost pretese e ottenne una clausola che gli dava l’ultima parola sulla scelta del secondo pilota. In altri termini: anatema su Senna e Mansell. Così, nonostante avesse appena vinto il campionato del mondo, il baffone inglese dovette fare la valigia ed emigrare in Formula Indy. Mentre il brasiliano ne diceva di tutti i colori al francese, reo di sottrarsi con un trucco legale al confronto diretto in squadra. Perché quel sedile lo voleva anche lui.
Nel 1993 la Williams-Renault e le sue fantascientifiche sospensioni attive, insieme al controllo di trazione, dettarono ancora legge. Prost si trovò una strada spianata verso il titolo mondiale. Ma Ayrton Senna ebbe l’ultimo sussulto. Come un toro nell’arena, la vista di Prost gli faceva venire il sangue agli occhi e caricava a testa bassa. La sua McLaren-Ford era di gran lunga inferiore, ma Senna occupò ogni spazio che Prost gli lasciava libero, vinse ben cinque gran premi. Però Alain non dimenticò di essere il Professore. Controllò al meglio gli assalti del brasiliano e tenne a distanza il nuovo astro nascente Michael Schumacher su una Benetton-Ford molto veloce. Ben presto s’involò e nessuno lo prese più. A due gare dal termine Prost conquistò il suo quarto titolo mondiale.
Il suo contratto con la Williams durava un solo anno. Frank aveva voluto tenersi le mani libere. Ora Senna reclamava giustamente il suo posto su quella che ancora era la macchina migliore. Prost non poteva più pretendere il potere di veto. E certo non voleva tornare a combattere con Ayrton nella stessa squadra, sebbene i rapporti fra i due furono tornati sereni a fine anno e nei mesi successivi si sarebbe sviluppata una certa misura d’amicizia. Era giunto il momento di chiudere con le corse, dopo 13 stagioni, 199 gare disputate, quattro titoli mondiali vinti, 51 gran premi vinti e 33 pole positions. Uno dei migliori di tutti i tempi. Sì, lo abbiamo già detto. Ma è vero, quindi ripetere non fa male.
[Foto da sito Renault press]