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Jackie Stewart: lo scozzese volante della Formula 1

Jackie Stewart
Gli 80 anni di Jackie Stewart, campione di Formula 1 tra gli anni '60 e '70. Lo scozzese volante.

In un mondo come quello di oggi, dove la facilità d’informazione è sterminata ma l’orizzonte temporale sembra irrimediabilmente limitato al presente, il nome di Jackie Stewart forse dirà qualcosa solo a chi è molto appassionato o molto vecchio; magari qualcuno lo conoscerà solo per averlo visto nella pubblicità di una birra. Eppure stiamo parlando di un grande campione, uno che non si è limitato a vincere tre campionati del mondo in Formula 1, ma anche un uomo al quale tutti i piloti venuti dopo devono moltissimo: probabilmente la loro stessa vita. Infatti lo scozzese è stato uno dei primi e più attivi promotori della sicurezza nelle corse, praticamente inesistente ai tempi in cui correva lui. Sir Jackie Stewart compie 80 anni l’11 giugno. Tracciamone un breve profilo.

GLI 80 ANNI DI JACKIE STEWART

Jackie Stewart

John Young Stewart nacque l’11 giugno 1939 in Scozia, in una piccola località nei pressi di Glasgow chiamata Milton. Il giovane Jackie respirò gas di scarico e inebrianti vapori di benzina super mista olio fin dalla più tenera età, poiché il padre era un importante concessionario della Jaguar e in gioventù si dilettò come pilota motociclistico. Anche il fratello maggiore Jimmy intraprese l’attività di pilota, lui sulle auto, riuscendo perfino ad arrivare in Formula 1, sebbene di passaggio, partecipò ad un solo gran premio nel 1953 (leggi anche FormulaPassion).

Tutto facile allora per Jackie? Non proprio. Infatti, nonostante i mezzi economici non gli mancassero, la natura gli aveva messo un freno non da poco, perché era afflitto da dislessia. Tale malattia gli fu diagnosticata solo in età matura, nel 1980. Da ragazzo invece fu superficialmente ritenuto non in grado di apprendere allo stesso modo degli altri, così lasciò la scuola a soli 16 anni. D’altra parte, a quell’epoca l’origine stessa di tale condizione non era ancora pienamente compresa dalla scienza medica. Quindi il giovane Jackie cominciò a lavorare come meccanico nell’officina del padre, mentre si dilettava nel tiro a segno, disciplina verso la quale scoprì di avere un grande talento, vincendo importanti competizioni britanniche ed europee. Però le gare che veramente lo interessavano erano quelle a quattro ruote. Comprò un’auto coi risparmi del lavoro, poi nel 1961 effettuò le prime prove con delle vetture da corsa, dimostrandosi velocissimo. L’anno dopo gli venne offerto un test su una Jaguar E-Type, nel quale eguagliò il tempo sul giro di un pilota professionista (Roy Salvadori). La strada era ormai intrapresa, Jackie si avventurò nelle corse a tempo pieno.

I PRIMI ANNI IN FORMULA 1

Jackie Stewart

Stewart venne presto notato dall’ambiente della Formula 3, precisamente da Ken Tyrrell (la cui scuderia impiegava vetture Cooper), il quale lo ingaggiò dopo che in un test batté due volte il tempo di Bruce McLaren, direttamente e nello stesso giorno. Era il 1964. Jackie cominciò a vincere in F.3, tanto da venire adocchiato dalla Cooper addirittura per la Formula 1. Ma il giovane scozzese non volle fare il passo più lungo della gamba. A fine stagione provò con risultati brillanti la Lotus, lasciando allibiti sia Colin Chapman che Jim Clark. Però ancora Jackie non se la sentiva, così ripiegò sulla Formula 2.

Ma pochi mesi dopo la situazione era cambiata. Stewart si sentiva pronto al gran passo, così esordì in Formula 1 sulla Lotus in una gara extra campionato, dopo la quale firmò con la scuderia BRM per la stagione 1965. Lo scozzese esordì in una gara iridata al Gran Premio del Sudafrica, si classificò sesto. Stewart era compagno di squadra di Graham Hill, già campione del mondo tre anni prima. La prima vittoria arrivò al termine di quella stagione, a Monza, dove lottò a lungo proprio con Hill.

A TESTA IN GIU’ IMBEVUTO DI BENZINA

Nel 1966 la BRM non era all’altezza delle migliori, nonostante ciò Stewart si aggiudicò il GP di Monaco. Fu l’anno in cui la sorte gli aprì gli occhi sul problema della sicurezza. A Spa, sotto la pioggia, uscì di pista e finì in un fosso dopo aver centrato un palo del telefono (!). Macchina rovesciata, pilota impossibilitato a muoversi e la benzina che fuoriusciva dal serbatoio, trasformando Stewart in una potenziale torcia umana pronta ad accendersi alla prima scintilla. Restò in quella posizione per ben 25 minuti, senza che nessuno dall’organizzazione intervenisse. A salvarlo furono due colleghi piloti, tra cui lo stesso Hill. Per estrarlo dalla macchina, dovettero farsi prestare degli attrezzi dal pubblico, perché di personale della pista non si vedeva nemmeno l’ombra. Lo caricarono su un furgone per trasportarlo al paddock. Solo una fortuna sfacciata permise a Stewart di cavarsela con poche ammaccature, saltò una sola corsa.

Lo scozzese raccontò che anche i momenti successivi furono un delirio tragicomico: l’ambulanza arrivò dopo parecchio tempo, si limitò a portarlo al posto di soccorso del circuito, dove lo lasciarono su una barella circondato da mozziconi di sigaretta, lui ancora col “pieno” di benzina addosso. Poi decisero di trasportarlo all’ospedale di Liegi ma l’ambulanza, scortata dalla polizia, si perse per strada. “Capii in quel momento che c’era qualcosa di profondamente sbagliato. La situazione era ridicola”, ricordò il pilota parecchi anni dopo. Da questo episodio cominciò la lunga e dura battaglia di Jackie Stewart per introdurre una cultura della sicurezza nelle corse. Incontrò notevoli resistenze da parte dei costruttori e soprattutto dai gestori di circuiti, ma alla fine riuscì ad invertire la tendenza e il processo di trasformazione fu avviato. E’ soprattutto grazie a lui se piloti, personale e pubblico oggi possono partecipare ed assistere ad una competizione con un alto grado di possibilità di uscirne indenni.

I TRIONFI MONDIALI DI JACKIE STEWART

Jackie Stewart

Tornato in pista, Stewart nel 1966 arrivò ad un soffio dal vincere la 500 miglia di Indianapolis, ma un guasto alla sua Lola-Ford lo beffò ad otto giri dal termine, quando era primo con un giro di vantaggio. Nel 1967 la BRM fu ancora meno competitiva e non arrivarono risultati. Nel 1968 Ken Tyrrel riprese Jackie con sé alla Matra-Ford. Lo scozzese vinse tre gran premi ed arrivò ad un soffio dal titolo, ma Hill lo superò di pochi punti, anche grazie al fatto che Stewart saltò due gare per un incidente in Formula 2.

Jackie era pronto per trasformarsi nello “scozzese volante”, come l’avrebbero in seguito soprannominato. Il suo stile di guida si può riassumere in una parola che Stewart ripete spesso: “smooth”, liscio. Nel senso di preciso e fluido, dolce, senza stressare più del dovuto la vettura. Prima di lui, il campione di questo stile è stato Juan Manuel Fangio; dopo di lui, Niki Lauda. Nel 1969 la Matra-Ford diretta da Tyrrell si dimostrò la monoposto più equilibrata; Stewart ne sfruttò da maestro le caratteristiche, vincendo 6 gran premi su 11 e laureandosi con largo vantaggio campione del mondo di Formula 1.

Stagione 1970, Ken Tyrrell si separa dalla Matra e fonda una scuderia col proprio nome. Resta fedele al motore Ford-Cosworth e gli costruisce intorno un telaio March. Ma la macchina era fragile, Stewart si ritirò in otto occasioni, vincendo un solo gran premio. Altra storia nel 1971. La Tyrrell si tolse di dosso tutti i problemi dello svezzamento e diventò molto competitiva. Jackie Stewart dominò nuovamente il campionato, ritornando iridato grazie a 6 vittorie. Nel 1972 invece Stewart fu un po’ distratto da alcuni problemi di salute e dalla guerra per introdurre la sicurezza nelle piste, così non riuscì a difendersi bene dagli attacchi della Lotus di Emerson Fittipaldi, il quale gli soffiò il titolo.

Lo scozzese si sentiva stanco, così stanco che decise all’inizio del 1973 che quella sarebbe stata l’ultima sua stagione, tenendo tuttavia la notizia riservata. Aveva due avversari fortissimi, Fittipaldi e Ronnie Peterson sull’altra Lotus. Tuttavia Stewart non sbagliò nulla, vinse cinque gran premi e incamerò il suo terzo titolo mondiale. Lo scozzese volante annunciò subito il ritiro, chiudendo la carriera con 27 gran premi vinti su 99 disputati e 17 pole positions. Successivamente, dopo tanti anni trascorsi come commentatore televisivo, Sir Jackie fondò nel 1997 una propria scuderia di Formula 1, la Stewart Grand Prix, acquisita dalla Ford due anni dopo. Dal 2005, acquistata a sua volta da Dietrich Mateschitz, è la Red Bull Racing.

LEGGI ANCHE: Graham Hill: un campione e una star mediatica in anticipo sui tempi.

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