22 ottobre 2006, domenica: quel giorno di dieci anni fa si disputò a San Paolo, sul circuito di Interlagos, il Gran Premio del Brasile di Formula 1. Era l’ultima corsa della stagione e fu anche l’ultima gara che Michael Schumacher disputò al volante di una Ferrari.
Michael Schumacher e l’ultimo GP con la Ferrari
In quel momento sembrava anche che dovesse trattarsi della sua ultima corsa in assoluto, poiché l’asso tedesco aveva già da tempo annunciato il proprio ritiro dalle competizioni. Tuttavia, come tutti sappiamo, Schumi seppe resistere fuori da un abitacolo solo per tre anni, perché al via della stagione 2010 si ripresentò con casco e tuta ma sulla Mercedes.
In questa sede vogliamo però ricordare la chiusura dell’epopea che ha legato il pilota più vincente della storia alla scuderia più prestigiosa (e anch’essa la più vincente). Perché quel gran premio riassume fedelmente ciò che tale accoppiata ha rappresentato nelle undici stagioni in cui è esistita: pilotaggio sopraffino e determinazione suprema da parte di Michael Schumacher, materiale tecnico eccelso e squadra di eccezionale abilità nel box del Cavallino; ma anche capacità di rispondere positivamente alle avversità che pure non sono mancate.
Il week end brasiliano
Il week end brasiliano di una decade fa si apriva all’insegna di un’impresa quasi impossibile per la Ferrari: recuperare 10 punti in classifica a Fernando Alonso, che sulla Renault difendeva il titolo mondiale conquistato un anno prima. Nel 2006 Ferrari e Renault furono essenzialmente ad armi pari. Alonso si comportò meglio nella prima parte della stagione, Schumacher rimontò alla grande nel “girone di ritorno”.
Due settimane prima dell’appuntamento in Brasile, in Giappone i due si presentarono con lo stesso punteggio; ma la Ferrari e il tedesco sembravano più in palla. La pole andò al suo compagno Felipe Massa, tuttavia dopo soli tre giri Michael Schumacher prese il comando e mantenne un vantaggio discreto fino all’ultima sosta per rifornimento e gomme. Poi al 37° giro accadde l’impensabile: il motore della Ferrari di Schumacher si ruppe. Non accadeva da tempo immemorabile. Così Alonso agguantò la vittoria e si trovò virtualmente col mondiale in mano.
Alonso aveva 10 punti di vantaggio
Avendo lo spagnolo 10 punti di vantaggio (in quegli anni il vincitore prendeva appunto 10 punti) ad una gara dalla fine, restava una sola chance per Schumacher: vincere la corsa e sperare che Alonso non prendesse punti; solo così avrebbe potuto raggiungerlo in classifica e quindi vincere il campionato per un maggior numero di vittorie (8 eventuali contro 7). Cioè Alonso avrebbe dovuto tagliare il traguardo non prima dell’undicesima posizione. Decisamente improbabile. Al punto che Schumacher pronunciò in televisione parole di resa. Parole e basta.
Perché nelle corse tutto può accadere, il tedesco lo aveva sperimentato proprio due settimane prima sulla propria pelle. Quindi sarebbe andato all’arrembaggio per dare tutto quello che aveva. I 7 titoli mondiali e i 91 gran premi vinti non contavano più nulla. Schumacher doveva e voleva guidare come un esordiente che desidera mettersi in luce.
Nelle prove la Ferrari aveva mostrato subito di essere sensibilmente più veloce della Renault, già dalle libere. Nelle qualifiche i due piloti della rossa prenotarono la prima fila nella Q1 e nella Q2. Schumacher segnò il miglior tempo nella seconda sessione. Ma ecco di nuovo il destino avverso: nella terza sessione si guastò la pompa della benzina e il tedesco non riuscì a segnare nemmeno un tempo. Quindi doveva partire dalla decima posizione. Pole position per Massa e Alonso comodo quarto, già con lo champagne in frigo. Ancora più difficile, al limite dell’impossibile, la missione di Schumacher. Ma gettare la spugna non ha mai fatto parte del suo carattere.
Il GP del Brasile di quel 22 ottobre 2006
Passiamo al tempo presente perché sembra ieri. Alla partenza Massa scatta bene e se ne va, non lo prenderà più nessuno; Alonso parte guardingo, non deve correre rischi inutili. Schumacher dopo tre curve liquida le due BMW che gli partivano davanti. Incidente nelle retrovie, safety car.
Si riparte, Fisichella è quinto e Schumacher lo tallona. Siamo al sesto giro; il ferrarista attacca furiosamente e l’italiano si difende con fatica. Nel giro successivo Schumacher s’infila alla prima curva dopo il traguardo, ma lo spazio è pochissimo, troppo poco. La sua ruota posteriore sinistra tocca l’alettone anteriore della Renault e c’è la foratura. Schumacher riesce a controllare la macchina ma non c’è più niente da fare. Procede lentamente, riesce a raggiungere il box ma quando rientra ha un giro di distacco. Ora è veramente finita.
La gara epica di Schumi
Il titolo è di Alonso ma la corsa è ancora lunga. Per Schumacher ormai è una questione d’onore; ma non solo, perché esiste ancora un’esigua chance di far vincere alla Ferrari il titolo costruttori: serve una doppietta, con le Renault non meglio di terza e sesta. Allora il tedesco rientra con la rabbia in corpo e comincia ad infilare un giro veloce dopo l’altro, un sorpasso dopo l’altro. Il leader è Massa ma Schumacher sta facendo una corsa tutta sua, stellare, una di quelle che negli anni passati lo hanno visto tantissime volte dominare con una superiorità imbarazzante.
Non rallenta, non molla. A 15 giri dal termine eccolo di nuovo addosso a Fisichella. Rabbioso lo tallona senza pietà, al punto da indurre il pilota romano ad un errore al termine della curva 1, dove arriva lungo. Un’altra posizione recuperata, ora il tedesco è quinto.
Comincia la lunga rimonta alla McLaren di Kimi Raikkonen. A quattro giri dal termine comincia il duello. Il finlandese resiste bene per un po’, ma poi Schumacher lo infila con un sorpasso capolavoro, passando di prepotenza a pochi millimetri dalla macchina del rivale e dal muretto. Epico.
Non basta. Schumacher continua a spingere come un forsennato, tentando di agguantare un improbabile podio. Ma Jenson Button, sulla Honda, è troppo lontano. Il tedesco passa sotto la bandiera a scacchi in quarta posizione e col giro più veloce.
Non è riuscito a chiudere la carriera con l’ottavo titolo. Ma si è ritirato dimostrando a tutti di essere ancora il più bravo. Fermiamo il tempo in questa istantanea e ricordiamo così Michael Schumacher e la sua Ferrari: un’epoca d’oro sempre viva nella nostra memoria.
LEGGI ANCHE:
Ferrari GTC4Lusso T: anteprima mondiale al Salone di Parigi 2016.
Ferrari laFerrari Aperta: un’opera d’arte dentro e fuori.