Dal 27 ottobre al 26 febbraio 2017, l’arte di Jean-Michel Basquiat sarà di scena al MUDEC Museo delle Culture di Milano. Figura iconica dello scenario della New York anni Ottanta, Basquiat è oggi considerato uno dei più grandi artisti afroamericani di tutti i tempi, nonché tra i più importanti esponenti, assieme all’amico Keith Haring, del graffitismo americano.
Jean-Michel Basquiat: artista controverso
Artista controverso e anticonformista, a lui va il merito di essere riuscito a scardinare i limiti fino a quel momento associati alla street art, portando questo movimento dalle strade metropolitane alle gallerie d’arte di tutto il mondo.
Con quasi 100 opere provenienti da collezioni private, la mostra allestita al Mudec di Milano (dal 28 ottobre al 26 febbraio 2016) si configura come un’occasione imperdibile per avvicinarsi all’arte del graffito, attraverso la breve, ma fulminante carriera di Jean-Michel Basquiat, prematuramente scomparso a causa di un’overdose di eroina a soli 27 anni.
Jean-Michel Basquiat: la mostra al Mudec di Milano
Il percorso espositivo ripercorrerà la genesi e la maturazione del peculiare linguaggio di questo artista, capace di intrecciare l’energia urbana della New York anni Ottanta con le sue radici africane, segnate dalla schiavitù e dalla diaspora, portando così all’attenzione del grande pubblico tematiche cruciali, ancora oggi di notevole attualità, tra cui quella razziale. (qui le info sul sito del Mudec di Milano)
Curata da Jeffrey Deitch e Gianni Mercurio, la grande retrospettiva che Milano dedica a Basquiat metterà quindi in luce non solo il suo ruolo centrale per la generazione di artisti a lui contemporanei, ma anche la funzione della sua arte come ponte di collegamento tra le diverse culture.
Jean-Michel Basquiat: la biografia
Nato a New York il 22 dicembre del 1960, Basquiat fu protagonista di una parabola artistica impareggiabile, producendo in pochi anni oltre mille disegni e altrettanti dipinti. Abbandonata la scuola, Jean-Michel inizia a realizzare graffiti assieme all’amico Al Diaz, firmandosi come SAMO, acronimo di “Same Old Shit”.
Le prime opere sono dedicate a personaggi del mondo della musica e della box, con soggetti quali Charlie Parker, Joplin, Hendrix e Billie Holiday.
L’incontro con Andy Warhol
Ancora giovanissimo, Basquiat si guadagna nel frattempo da vivere vendendo magliette e cartoline da lui illustrate, grazie alle quali conosce Andy Warhol, che ne acquisterà alcune durante un fortuito incontro in un ristorante di SoHo.
Negli anni successivi inizia quindi a frequentare i club più esclusivi nella scena socio-culturale newyorchese, dove conosce Keith Haring, con il quale instaura una solida e duratura amicizia. Nel 1981 partecipa insieme ad Haring e Warhol alla retrospettiva New York/New Wave, mentre la prima personale a lui dedicata avrà luogo quello stesso anno a Modena, nella galleria d’arte Emilio Mazzoli.
L’anno successivo espone a New York, nella galleria d’arte di Annina Nosei, riscuotendo grande successo di pubblico e critica. Nel 1983 Basquiat riesce finalmente ad entrare nella Factory di Andy Warhol, al quale è legato da una forte amicizia e che presto diverrà il suo più fervido sostenitore.
A quello stesso periodo risale anche la breve ma intensa relazione con cantante Madonna, la quale, 10 anni dopo, finanzierà la retrospettiva a lui dedicata al Whitney Museum di New York. Nel 1984, insieme ad Andy Warhol e a Francesco Clemente, lavora ad una serie di dipinti a “sei mani”, commissionati da Bruno Bischofberger. Dipinge quindi un altro ciclo di opere insieme a Warhol, alla quale è dedicata una mostra comune, il cui manifesto presenta i due artisti come protagonisti di un incontro di boxe.
L’ispirazione
La frequentazione di artisti, poeti e musicisti è per Basquiat fonte di costante ispirazione, giocando un ruolo cruciale nell’elaborazione di quel personalissimo stile che lo ha reso noto al mondo intero: un universo “scarabocchiato”, fatto di immagini rozze, infantili e figure filamentose che si intersecano con parole e figure, restituendo allo stesso tempo la spontaneità della strada e il riferimento colto alle avanguardie del Novecento.
“Cancello le parole – dichiarerà l’artista – in modo che le si possano notare. Il fatto che siano oscure spinge a volerle leggere ancora di più”. I suoi dipinti conoscono i supporti più svariati, dalla tela al cartone. Il suo linguaggio, diretto e apparentemente infantile, si fa portatore di messaggi moderni, concentrandosi, in particolare, sulle tematiche care alla comunità afroamericana che vive a New York.
Tossicodipendenza
All’apice del successo Basquiat inizia tuttavia a soffrire di frequenti disturbi psichici dovuti al massiccio uso di droghe. Nel 1987, la notizia della morte di Warhol peggiora ancor più la situazione, sconvolgendolo con una tale forza da gettarlo in una violenta fase di tossicodipendenza.
Il 12 agosto del 1988, a soli ventisette anni, una overdose di eroina pone fine alla sua folgorante parabola artistica. La sua incredibile carriera e la scomparsa prematura, quanto drammatica, valgono a Basquiat il soprannome di ‘James Dean dell’arte moderna’.
A 20 anni dalla prima mostra al Whitney Museum of American Art e a 10 anni di distanza dalla retrospettiva al Brooklyn Museum of Art, la mostra in programma al MUDEC di Milano celebra ancora una volta lo straordinario contributo di Basquiat all’arte del Novecento.