Fiat ha lanciato da poco la nuova Topolino. Ma Topolino è anche il nome italiano di un personaggio dei cartoni animati inventato da Walt Disney. Ma è anche il nome di un’automobile che aveva stregato gli italiani. Ma non si trattava di un modello qualsiasi: la prima Fiat 500, concepita nell’epoca prebellica, ricoprì un ruolo molto importante nell’industria e nella società italiana. Un omaggio appare doveroso dopo la presentazione della nuova vettura.
Topolino: le origini
Dobbiamo calarci nell’Italia dell’epoca per comprendere le origini di questo progetto industriale. Alla fine degli anni ’20 l’automobile era ancora un oggetto per pochi. Costava troppo per le tasche dell’operaio, per non parlare del contadino. Ma era allo stesso tempo, forse proprio per quello, un oggetto del desiderio per tutta la popolazione. Potersi permettere un’auto costituiva la realizzazione di un sogno quasi proibito, perché testimoniava il raggiungimento di un certo status sociale (non che oggi la situazione sia molto differente).
Una popolazione in grado di comprare giocattoli importanti diventava felice, quindi più agevole da controllare e manipolare. Questo importante collegamento logico non era sfuggito a Benito Mussolini. Perché l’idea fu sua: per aumentare il consenso popolare intorno alla sua persona e quindi al regime serviva un’automobile economica, alla portata di tutte le tasche o quasi.
Agnelli e l’auto da 5.000 lire
Quindi il duce convocò Giovanni Agnelli (che era già stato nominato senatore) e praticamente gli ordinò di produrre un’auto da vendere a 5.000 lire. Era il 1930. Questa idea venne copiata quattro anni più tardi da Adolf Hitler che, per gli stessi motivi, voleva la costruzione di una Volkswagen, cioè un’auto del popolo; Ferdinand Porsche gli confezionò quindi il Maggiolino.
Oreste Lardone
Torniamo alla Fiat. Il primo prototipo dell’auto popolare venne progettato da Oreste Lardone, un giovane ingegnere dalle idee innovative. Egli propose una vettura a trazione anteriore, una soluzione tecnica fino a quel momento usata solo a livello sperimentale da pochissimi costruttori. Pronto il prototipo nel 1931, il primo test drive fu condotto nei dintorni di Torino con lo stesso Agnelli a bordo.
Tuttavia ad un certo punto scoppiò un incendio che costrinse i tre occupanti della vettura a fuggire rapidamente. Agnelli incolpò a torto la trazione anteriore e pose un divieto assoluto di usare questo meccanismo su tutti i modelli dell’azienda. Il povero Lardone venne cacciato e praticamente bandito dall’industria automobilistica italiana.
Il problema era che la trazione anteriore costituiva invece la soluzione migliore per un veicolo del genere, quindi i progettisti si trovarono in una specie di vicolo cieco. Ma Agnelli non ne voleva sapere; inoltre Mussolini gli metteva pressione, soprattutto durante la visita che egli fece al Lingotto nel 1932.
Deludere il capo del fascismo era pericoloso anche per il padrone della Fiat, il quale sollecitò (è un eufemismo) il reparto tecnico aziendale di trovare una soluzione in fretta.
Dante Giacosa
Il direttore tecnico Antonio Fessia affidò l’incarico ad un altro giovane ingegnere, Dante Giacosa, il quale era stato il suo assistente nella progettazione della Balilla, fino a quel momento il modello di maggior successo della casa.
Giacosa fu certamente il progettista più importante di tutta la storia della Fiat. I modelli di maggior fortuna commerciale della casa fino al 1970 portano tutti la sua firma. Perché le auto di Giacosa avevano successo? Perché lui era soprattutto un pragmatico.
La creatività era fondamentale ma non serviva a niente se non faceva i conti con i vincoli economici e tecnici e le esigenze commerciali dell’azienda. La futura Topolino fu il primo progetto di cui Giacosa ebbe la responsabilità completa. Quindi riassumeva tutti questi caratteri.
Per poter essere venduta ad un prezzo molto basso la 500 (il nome in codice del progetto era Zero A) doveva esssere soprattutto economica da costruire. Di conseguenza il telaio era ridotto ai minimi termini tanto: il passo, cioè la distanza tra i due assi, era di soli due metri.
Qui si vede il primo esempio di creatività abbinata alla razionalità. Infatti Giacosa ricavò lo spazio per un abitacolo accettabile posizionando il motore a sbalzo, cioè in avanti rispetto all’asse, quello anteriore ovviamente. A quel tempo non lo faceva nessuno.
Inoltre il radiatore era collocato in posizione molto arretrata e sopra il motore; questo diminuiva l’ingombro della sezione frontale, quindi consentì ai disegnatori della carrozzeria (team diretto da Rodolfo Schaeffer) di adottare una forma relativamente molto aerodinamica. Ciò si rifletteva positivamente sulle prestazioni che, per un motore così piccolo, non erano disprezzabili. Ci ritorneremo fra poco.
Col radiatore in quella posizione non serviva la pompa dell’acqua, sfruttando il principio fisico per cui i fluidi a temperatura più alta si spostano verso l’alto, quindi l’acqua a temperatura minore poteva raffreddare il motore; il serbatoio della benzina era più in alto, quindi il carburante affluiva al motore in virtù della forza di gravita, eliminando la pompa di alimentazione. Tutte queste e altre soluzioni permettevano il risparmio di costi e peso.
Prototipo collaudato nel 1934
Il prototipo fu collaudato nel 1934 e venne approvato. La Fiat 500 venne presentata ufficialmente nel 1936 all’inizio dell’estate e subito messa in vendita. Tuttavia il prezzo era di 8.900 lire, molto più alto del target fissato da Mussolini. Ma sotto non si poteva scendere e anche il duce ogni tanto doveva accontentarsi. Tanto più che della Volkswagen di Hitler ancora non c’era traccia.
Nonostante ciò la 500 era il mezzo ideale per motorizzare una nazione che in quell’anno aveva un rapporto di un’auto ogni 200 abitanti; dieci volte meno della Francia e 40 volte meno degli Stati Uniti. Anche ad un prezzo equivalente a circa 20 stipendi di un operaio specializzato, la Fiat 500 era competitiva e alla portata della piccola borghesia.
La produzione nelle sue varie evoluzioni andò avanti fino al 1955, perché anche dopo la guerra serviva un’auto molto economica per far ripartire il Paese semidistrutto. Vennero costruiti complessivamente circa 520.000 esemplari, contando anche quelli prodotti su licenza da altre marche, soprattutto Simca ed NSU.
La prima Fiat 500 aveva un motore a quattro cilindri da 569 centimetri cubici capace di erogare 13 cavalli. Tuttavia il peso ridottissimo (535 Kg, meno di una Formula 1 attuale) e la forma aerodinamica permettevano a questa vetturetta di raggiungere 85 Km/h, una velocità di tutto rispetto per l’epoca.
Ricordate quella canzone di Paolo Conte? “La Topolino amaranto va come uno schianto”. Era anche poco assetata, poiché consumava una media di 6 litri per 100 Km: 16 Km con un litro nemmeno oggi sono da buttare via.
Il soprannome Topolino
Il soprannome di Topolino derivò dalla forma del frontale, con quei due fari sporgenti a fare da orecchie intorno ad un muso appuntito che ricordava vagamente quello di un topo. Anche il profilo si avvicinava a quello del roditore; inoltre era chiaro anche il riferimento al Mickey Mouse di Disney, la cui fama era già mondiale e da quattro anni veniva pubblicato anche in Italia proprio con quel nome.
La Fiat 500 rimase sostanzialmente immutata (tranne una modifica importante alla sospensione posteriore nel 1938 per irrobustirla nell’uso militare) fino al 1948. Questa versione venne prodotta in 110.000 esemplari.
Quell’anno arrivò la seconda generazione, chiamata 500 B. Esteriormente non era molto diversa ma la meccanica era più evoluta, il motore più potente e dai consumi inferiori, il telaio più stabile e le sospensioni più confortevoli. Esordì nel 1948 anche la versione station wagon.
Era la 500 B Giardiniera Belvedere. Aveva quattro posti, coda con portellone verticale ed un bagagliaio interessante. Nel 1949 ci fu l’ultima evoluzione, chiamata 500 C. Qui il design cambiava notevolmente, il muso era più convenzionale ma anche moderno. Il motore introdusse inoltre la testata in alluminio al posto della ghisa.
La Topolino venne costruita fino al 1955 nella versione Giardiniera, mentre la produzione della berlina terminò nel 1954. Era arrivato il momento di lasciare il posto alla Fiat 600. La vera auto che motorizzò l’Italia, ovviamente ad opera di Dante Giacosa.